Zeffix - 28cpr Riv 100mg
Dettagli:
Nome:Zeffix - 28cpr Riv 100mgCodice Ministeriale:034506016
Principio attivo:Lamivudina
Codice ATC:J05AF05
Fascia:A
Prezzo:85.09
Rimborso:55.31
Glutine:Senza glutine
Lattosio:Senza lattosio
Produttore:Glaxosmithkline Spa
SSN:Concedibile esente
Ricetta:RR - ricetta ripetibile art.88 DL 219/06
Tipo prodotto:Farmaco etico
Forma:Compresse rivestite
Contenitore:Blister
Iva:10%
Temp. Conservazione:Non conservare al di sopra di +30 gradi centigradi
Scadenza:36 mesi
Categoria farmacoterapeutica
Antivirali ad azione diretta.
Principi attivi
Lamivudina.
Eccipienti
Nucleo della compressa: cellulosa microcristallina; sodio amido glicolato; magnesio stearato. Rivestimento della compressa: ipromellosa; titanio diossido; macrogol 400; polisorbato 80; ossidi sintetici di ferrogiallo e rosso.
Indicazioni
Trattamento dell'epatite cronica B nei pazienti adulti con: malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di alanina aminotransferasi (ALT) persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi. L'inizio del trattamento con lamivudina deve essere considerato solo quando non sia disponibile o appropriato l'impiego di un agente antivirale alternativo con una barriera genetica maggiore alla resistenza; malattia epatica scompensata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata alla lamivudina.
Controindicazioni / effetti secondari
Ipersensibilita' al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Posologia
La terapia deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell'epatite cronica B. Adulti: la dose raccomandata e' di 100 mg una volta al giorno. Nei pazienti con malattia epatica scompensata, la lamivudina deve essere sempre usata in associazione con un secondo agente antivirale senza resistenza crociata alla lamivudina per ridurre il rischio di resistenza ed ottenere una rapida soppressione virale. Duratadel trattamento: la durata ottimale del trattamento non e' nota. Nei pazienti con epatite cronica B (CHB) HBeAg positiva senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo che lasieroconversione HBeAg (scomparsa di HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) e' stata confermata, per limitare il rischio di ricaduta virologica o fino alla sieroconversione HBsAg o se si verifica perdita diefficacia. I livelli sierici di ALT e HBV DNA devono essere monitorat i regolarmente dopo la sospensione del trattamento per rilevare ogni ricaduta virologica tardiva. Nei pazienti con CHB HBeAg negativa (mutanti pre-core) senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione HBs o se vi e' evidenza di perdita diefficacia. Con il trattamento prolungato si raccomanda un regolare co ntrollo per confermare che la continuazione della terapia scelta rimanga appropriata per il paziente. Nei pazienti con malattia epatica scompensata o cirrosi e in quelli sottoposti a trapianto di fegato non e' raccomandata la sospensione del trattamento. In caso di interruzione del farmaco, i pazienti devono essere periodicamente controllati allo scopo di evidenziare una epatite recidivante. Resistenza clinica: nei pazienti con CHB, sia HBeAg positiva che HBeAg negativa, lo sviluppo del mutante YMDD (tirosina-metionina-aspartato-aspartato) dell'HBV puo' portare ad una diminuita risposta terapeutica alla lamivudina, evidenziata da un aumento dell'HBV DNA e delle ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento. Per ridurre il rischio di resistenza neipazienti trattati con lamivudina in monoterapia deve essere presa in considerazione una modifica del trattamento qualora l'HBV DNA rimanga rilevabile a 24 settimane o oltre di trattamento. Nei pazienti con mutante YMDD dell'HBV si deve prendere in considerazione l'aggiunta di unagente alternativo senza resistenza crociata alla lamivudina. Popolaz ione pediatrica: la sicurezza e l'efficacia del prodotto nei bambini enegli adolescenti al di sotto dei 18 anni di eta' non sono state stab ilite; non puo' essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia. Insufficienza renale: nei pazienti con insufficienza renale da moderataa grave, le concentrazioni di lamivudina nel siero (AUC) sono aumenta te a causa della ridotta clearance renale. Il dosaggio deve pertanto essere ridotto nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/minuto. Se sono richieste dosi inferiori ai 100 mg, si deve impiegare la soluzione orale del medicinale. >>Dosaggio del medicinale neipazienti con clearance renale ridotta. Clcr 30 - < 50 ml/min: dose in iziale 20 ml (100 mg); dose di mantenimento 10 ml (50 mg); clcr 15 - <30 ml/min: dose iniziale 20 ml (100 mg); dose di mantenimento 5 ml (2 5 mg); clcr 5 - < 15 ml/min: dose iniziale 7 ml (35 mg); dose di mantenimento 3 ml (15 mg); clcr < 5 ml/min: dose iniziale 7 ml (35 mg); dose di mantenimento 2 ml (10 mg). I dati disponibili in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente (per una durata inferiore o uguale a 4ore di dialisi 2-3 volte a settimana) indicano che dopo la riduzione della dose iniziale di lamivudina per compensare la clearance della creatinina, durante la dialisi non e' necessaria nessun'altra modifica di dosaggio. Insufficienza epatica: i dati ottenuti nei pazienti con insufficienza epatica, compresi quelli con malattia epatica avanzata in attesa di trapianto, mostrano che la farmacocinetica della lamivudina non e' significativamente influenzata da disfunzioni epatiche. In basea tali dati, non e' necessario un aggiustamento della posologia nei p azienti con insufficienza epatica a meno che non sia accompagnata ad insufficienza renale. Modo di somministrazione: il farmaco puo' essere preso con o senza cibo.
Conservazione
Conservare a temperatura non superiore ai 30 gradi C.
Avvertenze
La lamivudina e' stata somministrata ai bambini (dai 2 anni in poi) e agli adolescenti con epatite cronica B compensata. Tuttavia a causa della limitazione dei dati, la somministrazione non e' attualmente raccomandata. L'efficacia della lamivudina in pazienti con concomitante infezione da epatite Delta o epatite C non e' stata stabilita e si raccomanda cautela. Esistono dati limitati sull'uso della lamivudina nei pazienti HBeAg negativi (mutanti pre-core) e in quelli sottoposti a concomitanti regimi immunosoppressivi, compresa la chemioterapia antineoplastica. Usare la lamivudina con cautela in tali pazienti. Durante la terapia controllare i pazienti regolarmente. Controllare i livelli sierici delle ALT e dell'HBV DNA ad intervalli di 3 mesi e nei pazienti HBeAg positivi, valutare l'HBeAg ogni 6 mesi. Le riacutizzazioni spontanee dell'epatite cronica B sono relativamente comuni e sono caratterizzate da aumenti transitori dell'ALT nel siero. Dopo l'inizio della terapia antivirale, l'ALT del siero puo' aumentare in alcuni pazienti mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono. Nei pazienti con malattiaepatica compensata questi aumenti dell'ALT del siero in generale non sono stati accompagnati da un aumento delle concentrazioni della bilirubina sierica o da segni di scompenso epatico. Con una terapia prolungata sono state identificate sub-popolazioni virali HBV con ridotta suscettibilita' alla lamivudina (mutante YMDD dell'HBV). In alcuni pazienti lo sviluppo del mutante YMDD dell'HBV puo' portare a riacutizzazione dell'epatite evidenziata soprattutto da innalzamento dei valori sierici delle ALT e ricomparsa dell'HBV DNA. Nei pazienti con presenza delmutante YMDD dell'HBV considerare l'aggiunta di un secondo agente sen za resistenza crociata alla lamivudina. Riacutizzazione acuta dell'epatite e' stata osservata nei pazienti che avevano sospeso la terapia per l'epatite B ed era in generale evidenziata dall'aumento delle ALT sieriche e dalla ricomparsa dell'HBV- DNA. Per i pazienti trattati con lamivudina la maggior parte degli aumenti delle ALT dopo trattamento sie' verificata tra le 8 e le 12 settimane dopo il trattamento. La magg ior parte degli eventi e' risultata essere autolimitante, tuttavia si sono osservati alcuni decessi. Se il farmaco viene sospeso monitorare i pazienti periodicamente sia a livello clinico che attraverso la valutazione di test sierici di funzionalita' epatica per almeno quattro mesi. Coloro che subiscono il trapianto e i pazienti con cirrosi scompensata corrono maggior rischio di replicazione virale attiva. A causa diuna ridotta funzionalita' epatica in questi pazienti, la riattivazion e dell'epatite dovuta alla sospensione della lamivudina o alla perditadi efficacia durante il trattamento puo' provocare scompenso grave, a nche fatale. Controllare questi pazienti per i parametri clinici, virologici e sierologici associati con l'epatite B, per la funzione renaleed epatica e per la risposta antivirale durante il trattamento (almen o ogni mese), e, se il trattamento viene sospeso, per almeno 6 mesi dopo il trattamento. I parametri di laboratorio da controllare devono includere l'ALT sierica, la bilirubina, l'albumina, l'azotemia, la creatinina e lo stato virologico: antigeni/anticorpi HBV, e dove possibile,le concentrazioni sieriche di DNA dell'HBV. Controllare i pazienti ch e manifestano segni di insufficienza epatica durante o dopo il trattamento piu' frequentemente come ritenuto appropriato. Per i pazienti chemanifestano evidenza di epatite ricorrente dopo trattamento, non esis tono dati sufficienti sul beneficio di una ripresa del trattamento conlamivudina. Nei pazienti con co-infezione da HIV e che ricevono, o st anno per ricevere, la terapia con lamivudina o l'associazione lamivudina/zidovudina, mantenere la dose di lamivudina prescritta per l'infezione da HIV. Nei pazienti con co-infezione da HIV che non richiedono terapia antiretrovirale, esiste il rischio di mutazione HIV quando la lamivudina viene usata da sola per il trattamento dell'epatite cronica B. Non esistono informazioni sulla trasmissione materno-fetale del virus dell'epatite B nelle donne gestanti trattate con lamivudina. Seguirele normali procedure raccomandate per l'immunizzazione contro il viru s dell'epatite B nei bambini. Informare i pazienti che la terapia con lamivudina non ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di trasmissione del virus dell'epatite B. Pertanto devono continuare ad essere adottate adeguate precauzioni. Con l'uso di analoghi nucleosidici sono stati riportati casi di acidosi lattica (in assenza di ipossiemia), talvolta fatali, di solito associati ad epatomegalia grave e steatosi epatica. Poiche' il medicinale e' un analogo nucleosidico talerischio non puo' essere escluso. Interrompere il trattamento con anal oghi nucleosidici nel caso si verifichi un rapido innalzamento dei livelli di aminotransferasi, epatomegalia progressiva o acidosi metabolica/lattica ad eziologia sconosciuta. Sintomi non gravi a carico dell'apparato digerente potrebbero essere indicativi di sviluppo di acidosi lattica. Casi gravi, talvolta con esito fatale, sono stati associati a pancreatite, insufficienza epatica/steatosi epatica, insufficienza renale ed elevati livelli di lattato sierico. Usare cautela nel prescrivere analoghi nucleosidici ai pazienti con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di malattia epatica e steatosi epatica. Pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono costituire un particolare rischio. E' stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici, disturbi metabolici.Sono stati riportati disturbi neurologici a comparsa ritardata. I dis turbi neurologici potrebbero essere transitori o permanenti. Sottoporre follow-up clinico e di laboratorio ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, e controllarlo a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsadei segni e sintomi relativi. Non prendere il farmaco con qualsiasi a ltro medicinale contenente lamivudina o medicinali contenenti emtricitabina. La combinazione di lamivudina con cladribina non e' raccomandata.
Interazioni
Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti. La probabilita' di interazioni metaboliche e' bassa a causa del limitato metabolismo, del basso legame con le proteine plasmatiche e della eliminazione renale pressoche' completa della sostanza nella sua forma immodificata. La lamivudina e' prevalentemente eliminata per secrezione cationica attiva. Deve esser tenuta in considerazione la possibilita' di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente se la loro via di eliminazione principale e' la secrezione renale attiva per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici per esempio trimetoprim. Altri medicinali (per esempio ranitidina, cimetidina) vengono eliminati solo in parte tramite questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina. Le sostanze prevalentemente escrete tramite il sistema attivo degli anioni organici oppure tramite filtrazione glomerulare difficilmente danno luogo ad interazionisignificative, dal punto di vista clinico, con la lamivudina. La somm inistrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento di circa il 40 % nei livelli plasmatici di lamivudina. La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametossazolo. Tuttavia, non e' necessaria alcuna modifica posologica della lamivudina, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale. E' stato osservato un lieve aumento della C max (28 %) dellazidovudina quando somministrata in associazione alla lamivudina; tutt avia l'esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo. La zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica della lamivudina. La lamivudina non presenta alcuna interazione farmacocinetica con l'alfa-interferone, quando i due medicinali sono somministrati insieme. Nei pazienti che ricevevano lamivudina in concomitanza con comuni medicinali immunosoppressori (per es. ciclosporina A) non e' statariscontrata alcuna interazione sfavorevole rilevante dal punto di vis ta clinico. Tuttavia, non sono stati realizzati studi formali sulle interazioni. Cladribina: in vitro la lamivudina inibisce la fosforilazione intracellulare della cladribina portando ad un potenziale rischio di perdita di efficacia della cladribina in caso di associazione in ambito clinico. Alcune evidenze supportano anche una possibile interazione tra lamivudina e cladribina. Pertanto, la somministrazione concomitante di lamivudina con cladribina non e' raccomandata.
Effetti indesiderati
L'incidenza di reazioni avverse e le anomalie di laboratorio (ad eccezione dell'innalzamento dei livelli di ALT e CPK) sono risultate similitra i pazienti trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina. Le reazioni avverse piu' comunemente riportate erano malessere ed aff aticamento, infezioni del tratto respiratorio, mal di gola e disturbi tonsillari, cefalea, dolore o crampi addominali, nausea, vomito e diarrea. Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla classificazione sistemica organica e alla frequenza. Le categorie di frequenza sono solo assegnate a quelle reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate causalmente alla lamivudina. Le frequenze sono definite come: molto comune (>= 1/10), comune (>= 1/100 a < 1/10), non comune (>= 1/1000 a < 1/100), raro (>= 1/10.000 a < 1/1000), molto raro(< 1/10.000) e non nota. Le categorie di frequenza assegnate alle rea zioni avverse sono soprattutto basate sull'esperienza proveniente dagli studi clinici comprendenti un totale di 1171 pazienti con epatite cronica B trattati con lamivudina 100 mg. Patologie del sistema emolinfopoietico. Non nota: trombocitopenia. Disturbi del sistema immunitario.Raro: angioedema. Patologie epatobiliari. Molto comune: aumento dei l ivelli di ALT. Le riacutizzazioni dell'epatite rilevate essenzialmentedagli incrementi delle ALT sieriche sono state riportate durante il t rattamento e dopo la sospensione della lamivudina. La maggior parte degli eventi e' stata di natura autolimitante tuttavia molto raramente sono stati osservati casi fatali. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo. Comune: eruzione cutanea, prurito. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo. Comune: aumento dei livelli di CPK, disturbi muscolari, comprendenti mialgia e crampi; non nota:rabdomiolisi. La frequenza osservata negli studi clinici di fase III nel gruppo in trattamento con lamivudina non e' stata maggiore di quella osservata nel gruppo trattato con placebo. In pazienti con infezione da HIV sono stati riferiti casi di pancreatite e neuropatie periferiche (o parestesie). In pazienti con epatite cronica B non e' stata osservata alcuna differenza nell'incidenza di questi eventi fra pazienti trattati con lamivudina e con placebo. Casi di acidosi lattica, talvolta fatali, generalmente associati a epatomegalia grave e steatosi epatica, sono stati riferiti durante la terapia di associazione con analoghi nucleosidici in pazienti con HIV. Sono stati riferiti rari casi di acidosi lattica in pazienti trattati con lamivudina per l'epatite B.
Gravidanza e allattamento
Una grande quantita' di dati su donne in gravidanza (piu' di 1000 casidi esposizione) non indicano alcuna tossicita' relativa a malformazio ni. Il medicinale puo' essere usato in gravidanza se clinicamente necessario. Per le pazienti che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano una gravidanza, si deve considerare la possibilita' di una ricomparsa dell'epatite a seguito della sospensione della lamivudina. Sulla base di piu' di 130 coppie madre/figlio in trattamento perl'HIV, le concentrazioni sieriche della lamivudina nei bambini allatt ati al seno da madri in trattamento per l'HIV sono molto basse (circa 0,06-4% delle concentrazioni sieriche materne) e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i bambini allattati al seno raggiungono le 24 settimane di eta'. La quantita' totale di lamivudina ingerita da un bambino allattato al seno e' molto bassa e pertanto e' probabile che cio' porti ad esposizioni che esercitano un effetto antivirale sub-ottimale. L'epatite B materna non comporta una controindicazione all'allattamento al seno se il neonato viene adeguatamente gestito per la prevenzione dell'epatite B alla nascita e non vi e' evidenzache la bassa concentrazione di lamivudina nel latte materno comporti effetti indesiderati nei bambini allattati al seno. Pertanto l'allattamento al seno puo' essere preso in considerazione nelle madri che allattano trattate con lamivudina per l'HBV tenendo in considerazione il beneficio dell'allattamento al seno per il bambino e il beneficio dellaterapia per la madre. Qualora vi sia trasmissione materna dell'HBV, n onostante l'adeguata profilassi, deve essere presa in considerazione l'interruzione dell'allattamento al seno per ridurre il rischio di emergenza di mutanti resistenti alla lamivudina nel neonato. Disfunzione mitocondriale: e' stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita.