Tysabri - Iv Fl300mg 15ml20mg/Ml

Dettagli:
Nome:Tysabri - Iv Fl300mg 15ml20mg/Ml
Codice Ministeriale:037150012
Principio attivo:Natalizumab
Codice ATC:L04AA23
Fascia:H
Prezzo:2681.09
Produttore:Biogen Italia Srl
SSN:Non concedibile
Ricetta:OSP1 - uso ospedaliero art.92 DL 219/06
Tipo prodotto:Farmaco solo uso ospedaliero
Forma:Concentrato per soluzione per infusione
Contenitore:Flacone
Iva:10%
Temp. Conservazione:Da +2 a +8 e al riparo dalla luce
Scadenza:48 mesi

Denominazione

TYSABRI 300 MG CONCENTRATO PER SOLUZIONE PER INFUSIONE

Formulazioni

Tysabri - Iv Fl300mg 15ml20mg/Ml

Categoria farmacoterapeutica

Sostanze ad azione immunosoppressiva selettiva.

Principi attivi

Concentrato: ogni ml di concentrato contiene 20 mg di natalizumab. Natalizumab e' un anticorpo ricombinante umanizzato anti-alfa4-integrina prodotto in una linea cellulare murina mediante la tecnologia del DNA ricombinante. Dopo la diluizione, la soluzione per infusione contiene circa 2,6 mg/ml di natalizumab.

Eccipienti

Sodio fosfato, monobasico, monoidrato, sodio fosfato, dibasico, eptaidrato, sodio cloruro, polisorbato 80 (E433), acqua per preparazioni iniettabili.

Indicazioni

Il farmaco e' indicato come monoterapia disease-modifying nella sclerosi multipla recidivante-remittente ad elevata attivita' nei seguenti gruppi di pazienti. Pazienti con un'elevata attivita' della malattia nonostante la terapia con interferone-beta. Tali pazienti sono definiti come pazienti che hanno fallito nella risposta ad un ciclo terapeuticocompleto ed adeguato (di solito, almeno un anno di trattamento) con u n interferone beta. I pazienti devono avere avuto almeno 1 recidiva nell'anno precedente mentre erano in terapia e devono presentare almeno 9 lesioni iperintense in T2 alla RM cerebrale o almeno 1 lesione captante Gadolinio. Un paziente non-responder puo' anche essere definito come un paziente che presenta, rispetto all'anno precedente, un tasso direcidive invariato o aumentato o che presenta recidive gravi. Pazient i con sclerosi multipla recidivante remittente grave ad evoluzione rapida, definita da due o piu' recidive disabilitanti in un anno e con 1 o piu' lesioni captanti Gadolinio alla RM cerebrale o un aumento significativo del carico lesionale in T2 rispetto ad una precedente RM effettuata di recente.

Controindicazioni / effetti secondari

Ipersensibilita' al natalizumab o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML). I pazienti che presentano un aumentato rischio di infezioni opportunistiche, fra cui i pazienti immunocompromessi (inclusi quelli trattati con terapie immunosoppressive concomitanti o quelli immunocompromessi da terapie precedenti,ad esempio mitoxantrone o ciclofosfamide). Associazione con interfero ni beta o con glatiramer acetato. Tumori maligni in fase attiva diagnosticati ad eccezione dei pazienti con carcinoma cutaneo basocellulare.Bambini e adolescenti.

Posologia

Il trattamento deve essere iniziato e supervisionato costantemente da un medico con esperienza nella diagnosi e nel trattamento delle malattie neurologiche, presso centri in cui sia possibile un accesso tempestivo alla Risonanza Magnetica (RM). Ai pazienti trattati deve essere consegnata la carta di allerta per il paziente e devono essere fornite informazioni circa i rischi del farmaco. Dopo 2 anni di trattamento i pazienti devono essere informati di nuovo circa i rischi del farmaco, in particolare, circa l'aumento del rischio di PML e sia i pazienti checoloro che li assistono devono essere istruiti a riconoscere i segni e i sintomi precoci di PML. Devono essere disponibili i mezzi per trattare le reazioni di ipersensibilita' e l'accesso alla RM. Dopo la diluizione, l'infusione deve essere somministrata in un arco di tempo di circa 1 ora e i pazienti devono essere tenuti in osservazione sia durante l'infusione sia per 1 ora dopo la fine dell'infusione per rilevare eventuali segni e sintomi di reazioni di ipersensibilita'. Il medicinale non deve essere somministrato mediante un'iniezione in bolo. I pazienti possono passare direttamente da una terapia con interferone beta o glatiramer acetato a natalizumab, a condizione che non presentino segni di importanti anomalie legate al trattamento, es. neutropenia. In caso di presenza di anomalie legate al trattamento, queste dovranno ritornare alla normalita' prima di iniziare il trattamento con natalizumab. Alcuni pazienti possono essere stati esposti a medicinali immunosoppressivi (es. mitoxantrone, ciclofosfamide, azatioprina). Tali medicinali possono causare una prolungata immunosoppressione, anche dopo la sospensione della loro somministrazione. Quindi, prima di iniziare la terapia, il medico deve accertarsi che tali pazienti non siano immunocompromessi. Si deve valutare attentamente l'opportunita' di proseguireil trattamento nei pazienti che dopo 6 mesi non dimostrano evidenza d i beneficio terapeutico. I dati sulla sicurezza e l'efficacia di natalizumab a 2 anni provengono da studi controllati in doppio cieco. La prosecuzione della terapia oltre questo periodo deve essere considerata soltanto dopo una rivalutazione dei possibili benefici e rischi. Adulti: il prodotto deve essere somministrato attraverso un'infusione endovenosa una volta ogni 4 settimane. Anziani: il prodotto non e' raccomandato in pazienti di eta' superiore a 65 anni a causa della mancanza didati in questa popolazione di pazienti. Bambini e adolescenti: il far maco e' controindicato nei bambini e negli adolescenti. Insufficienza renale ed epatica: non sono stati condotti studi al fine di verificaregli effetti da insufficienza renale o epatica. La via di eliminazione del medicinale ed i risultati emersi dagli studi di farmacocinetica d i popolazione suggeriscono che non sia necessario un adattamento del dosaggio nei pazienti con insufficienza renale o epatica. Risomministrazione: l'efficacia della risomministrazione del prodotto non e' stata stabilita.

Conservazione

Concentrato Conservare in frigorifero (2 gradi C - 8 gradi C). Non congelare. Tenere il flaconcino nell'imballaggio esterno per proteggerlo dalla luce.

Avvertenze

Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML): l'uso e' stato associato ad un aumentato rischio di PML, che puo' risultare fatale o provocare grave disabilita'. Dopo 2 anni, informare i pazienti di nuovo circa i rischi connessi al prodotto. Prima di iniziare la terapia, deve essere disponibile una RM recente (solitamente eseguita negli ultimi 3 mesi) da usare come riferimento. Ripetere la RM su base annuale in modo che la RM di riferimento sia aggiornata. Controllare i pazienti ad intervalli regolari per tutta la durata del trattamento per poter identificare segni o sintomi neurologici nuovi o peggiorativi, che possano suggerire una PML. Se si sospetta una PML, sospendere il trattamento fino a quando non sia stata esclusa la PML. Nel caso di dubbio, si deveconsiderare un'ulteriore valutazione, compresi una RM preferibilmente con mezzo di contrasto (da confrontare con la RM eseguita prima del t rattamento), l'esame del liquido cerebrospinale (LCS) per la ricerca del DNA del virus JC e la ripetizione degli esami neurologici. Una volta che il medico abbia escluso la presenza di PML, la somministrazione di natalizumab potra' essere ripresa. Il medico dev'essere particolarmente attento ai sintomi che possano suggerire una PML e che potrebberopassare inosservati al paziente (es. sintomi cognitivi o psichiatrici ). Avvisare i pazienti di informare il loro coniuge o coloro che li assistono circa il trattamento a cui sono sottoposti, poiche' questi potrebbero notare dei sintomi di cui il paziente non si rende conto. Se un paziente sviluppa PML, sospendere definitivamente il trattamento. Dopo la ricostituzione del sistema immunitario in pazienti immunocompromessi con PML, e' stato osservato un miglioramento dell'esito. PML e IRIS (sindrome infiammatoria da immunoricostituzione): la sindrome IRIS insorge in quasi tutti i pazienti con PML dopo la sospensione o la rimozione attiva del medicinale. Si ritiene che la sindrome IRIS derivi dal ripristino della funzione immunitaria nei pazienti con PML, una condizione che puo' provocare gravi complicanze neurologiche e risultare fatale. Intraprendere un adeguato trattamento dell'infiammazione associata mentre il paziente si riprende dalla PML. Sono state segnalate altre infezioni opportunistiche. Infezioni opportunistiche sono state rilevate anche in pazienti affetti da SM trattati con il prodotto in monoterapia. Tenere presente queste ultime nella diagnosi differenziale delle infezioni che si verificano nei pazienti trattati. In caso si sospetti un'infezione opportunistica, e' necessario sospendere il trattamento fino a quando tale infezione non sia stata esclusa. Se un paziente in terapia sviluppa un'infezione opportunistica, sospendere il trattamento definitivamente. Informare i pazienti dei benefici e dei rischiderivanti dalla terapia e fornire loro una Carta di Allerta per il Pa ziente. Istruire i pazienti in modo che, qualora sviluppino qualche infezione, informino il loro medico che stanno assumendo il farmaco. Informare i pazienti dell'importanza di un'assunzione ininterrotta, in particolare durante i mesi iniziali del trattamento. Sono state associate al medicinale reazioni di ipersensibilita', comprese reazioni sistemiche gravi. Tenere in considerazione il rischio di reazioni di ipersensibilita' durante tutte le infusioni. Tenere i pazienti in osservazione durante l'infusione e durante l'ora seguente. Ai primi sintomi o segni di ipersensibilita', interrompere la somministrazione iniziare una terapia appropriata. I pazienti che hanno precedentemente manifestato una reazione da ipersensibilita' devono sospendere definitivamente il trattamento. Terapie immunosoppressive concomitanti o precedenti. L'uso concomitante di tali agenti puo' fare aumentare il rischio di infezioni, incluse le infezioni opportunistiche, ed e' controindicato. I pazienti trattati precedentemente con farmaci immunosoppressori, inclusi ciclofosfamide e mitoxantrone, possono presentare una immunosoppressione prolungata e quindi essere a maggiore rischio di sviluppare una PML. Prestare particolare cautela con i pazienti precedentemente trattaticon farmaci immunosoppressivi e lasciare trascorrere un tempo suffici ente per consentire la ripresa della funzione immunitaria. Valutare ciascun singolo caso per determinare se esista uno stato di immunocompromissione. Il trattamento concomitante delle recidive con un breve ciclo di corticosteroidi non e' stato associato ad un aumentato tasso di infezioni. Si possono usare brevi cicli di corticosteroidi associati alprodotto. Riacutizzazioni della malattia o reazioni correlate all'inf usione possono indicare lo sviluppo di anticorpi verso natalizumab. Inquesti casi si deve valutare la presenza degli anticorpi ed in caso d i conferma di questi, il trattamento dev'essere sospeso, perche' la presenza di anticorpi persistenti e' associata a una sostanziale riduzione d'efficacia del medicinale e ad un'aumentata incidenza di reazioni di ipersensibilita'. Dal momento che i pazienti che hanno avuto una breve esposizione iniziale al farmaco e un periodo prolungato senza trattamento sono maggiormente a rischio di ipersensibilita' in caso di nuovo trattamento, e' necessario valutare la presenza di anticorpi e se questi risultano ancora presenti il trattamento non deve essere ripreso. Sono state riferite reazioni avverse spontanee gravi di danni epatici. Alcuni pazienti con un'anamnesi precedente di anomalie nei test epatici hanno evidenziato un'esacerbazione delle anomalie nei test epatici durante la terapia. I pazienti devono essere monitorati secondo necessita' allo scopo di evidenziare una funzione epatica compromessa e devono essere istruiti a rivolgersi al medico in caso di segni e sintomiche suggeriscono un danno epatico. Nei casi di danno epatico signific ativo, il trattamento deve essere sospeso. Nel caso si decida di interrompere il trattamento con natalizumab, il medico deve tenere presenteche natalizumab rimane nel sangue e che esplica degli effetti farmaco dinamici per circa 12 settimane dopo la somministrazione dell'ultima dose. La somministrazione di altre terapie, durante tale intervallo, sitradurra' in un'esposizione concomitante a natalizumab. Per farmaci c ome interferone e glatiramer acetato, una concomitante esposizione di simile durata non e' stata associata, negli studi clinici, a rischi per la sicurezza. Non sono disponibili dati sull'esposizione concomitante a farmaci immunosoppressivi su pazienti con SM. L'uso di tali farmaci poco dopo l'interruzione della somministrazione di natalizumab puo' tradursi in un effetto immunosoppressivo aggiuntivo. Questo dev'essereconsiderato attentamente caso per caso, e puo' essere appropriato eff ettuare un periodo di wash-out per natalizumab. Brevi cicli di steroidi usati per trattare le recidive non sono stati associati, negli studiclinici, ad un incremento delle infezioni.

Interazioni

Non e' stata riportata nessuna interazione.

Effetti indesiderati

In studi controllati con placebo, condotti su 1617 pazienti con sclerosi multipla trattati con natalizumab per periodi fino a 2 anni (placebo: 1135), si sono osservati eventi avversi, che hanno portato all'interruzione della terapia, nel 5,8% dei pazienti trattati con natalizumab(placebo: 4,8%). Nei 2 anni durante i quali si e' svolto lo studio, i l 43,5% dei pazienti trattati con natalizumab ha presentato reazioni avverse (placebo: 39,6%). Di seguito sono riportate le reazioni avversesegnalate per natalizumab con un'incidenza superiore allo 0,5% rispet to al placebo. Le reazioni sono riportate secondo la terminologia convenzionale raccomandata nella classificazione sistemica organica MedDRA. Le frequenze sono espresse secondo le seguenti classi: comune (>= 1/100, < 1/10); non comune (>= 1/1000, < 1/100). Patologie del sistema nervoso. Comune: cefalea, capogiri. Patologie gastrointestinali. Comune: vomito, nausea. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo. Comune: artralgia. Infezioni e infestazioni. Comune: infezioni alle vie urinarie, nasofaringite. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione. Comune: irrigidita', piressia, affaticamento. Disturbi del sistema immunitario. Comune: orticaria; non comune: ipersensibilita'. Reazioni correlate all'infusione: in studi clinici controllati della durata di 2 anni, in pazienti con SM, una reazione correlata all'infusione e' stata definita come una reazione avversa che si e' verificata durante l'infusione o entro l'ora seguente. Queste reazioni sono state osservate nel 23,1% dei pazienti con SM trattati con natalizumab (placebo: 18,7%). Le reazioni segnalate piu' frequentemente con natalizumab che con placebo comprendevano capogiri, nausea, orticaria e irrigidimenti. Reazioni di ipersensibilita':in studi clinici controllati della durata di 2 anni, in pazienti con SM, le reazioni di ipersensibilita' si sono verificate nel 4% dei pazienti. In meno dell'1% dei pazienti trattati si sono osservate reazionianafilattiche/anafilattoidi. Tali reazioni sono insorte durante l'inf usione o entro l'ora successiva. Nell'esperienza post-marketing vi sono state segnalazioni di reazioni di ipersensibilita', che si sono manifestate in associazione ad uno o piu' dei seguenti sintomi: ipotensione, ipertensione, dolore al torace, fastidio al torace, dispnea, angioedema, oltre a sintomi piu' comuni come esantema ed orticaria. Immunogenicita': in studi clinici controllati della durata di 2 anni, in pazienti con SM, sono stati rilevati anticorpi anti-natalizumab nel 10% deipazienti. Anticorpi anti-natalizumab persistenti (2 test positivi ese guiti a distanza di 6 settimane) si sono sviluppati in circa il 6% deipazienti. In un ulteriore 4% dei pazienti sono stati rilevati anticor pi in una sola occasione. La persistenza degli anticorpi e' stata associata ad una sostanziale diminuzione d'efficacia del farmaco ad un aumento dell'incidenza di reazioni di ipersensibilita'. Altre reazioni legate all'infusione, associate alla presenza di anticorpi persistenti, comprendevano irrigidimenti, nausea, vomito e rossore. Se, dopo circa 6 mesi di terapia, si sospetta la presenza di anticorpi persistenti, acausa sia di una diminuita efficacia del prodotto, sia della presenza di reazioni correlate all'infusione, questi possono essere rilevati e confermati da un secondo test, 6 settimane dopo il primo test positiv o. Dato che nel paziente con anticorpi persistenti l'efficacia del trattamento puo' ridursi oppure che l'incidenza dell'ipersensibilita' o delle reazioni legate all'infusione puo' aumentare, il trattamento deveessere interrotto nei pazienti che sviluppano anticorpi persistenti. Infezioni, inclusa PML ed infezioni opportunistiche: in studi clinici controllati, della durata di 2 anni, in pazienti con SM, il tasso di infezioni era di circa l'1,5 per paziente-anno sia nei pazienti trattati con natalizumab sia in quelli trattati con placebo. La natura delle infezioni era solitamente simile nei due gruppi di pazienti. Negli studi clinici in pazienti con SM e' stato segnalato un singolo caso di diarrea da cryptosporidium. In altri studi clinici sono stati segnalati casi di ulteriori infezioni opportunistiche, alcune delle quali ad esito fatale. Negli studi clinici le infezioni da herpes (virus varicella-zoster, virus herpes simplex) sono state osservate con frequenza lievemente maggiore nei pazienti trattati con natalizumab rispetto a quelli trattati con placebo. Nell'esperienza post-marketing ci sono state segnalazioni di casi gravi, compreso un caso di encefalite da herpes adesito fatale. La maggior parte dei pazienti non ha interrotto la tera pia con natalizumab durante le infezioni che si sono risolte con una terapia adeguata. Negli studi clinici sono stati segnalati casi di PML.Solitamente la PML provoca grave disabilita' o puo' essere fatale. In studi clinici pivotal, due casi, di cui uno fatale, si sono verificat i in pazienti trattati contemporaneamente con interferone beta-1a per piu' di 2 anni. In un altro studio, un paziente affetto dal morbo di Crohn, che era stato trattato a lungo con immunosoppressori e presentava una leucopenia associata a tale terapia, ha sviluppato PML ed e' successivamente deceduto. Nell'esperienza post-marketing, casi di PML sono stati segnalati in pazienti trattati in monoterapia. Eventi epatici:nella fase post-marketing sono state riferite reazioni spontanee di g ravi danni epatici, innalzamento degli enzimi epatici e iperbilirubinemia. Patologie maligne: non sono state osservate differenze nei tassi d'incidenza o nella natura delle patologie maligne tra i pazienti trattati con natalizumab e quelli trattati con placebo durante 2 anni di trattamento. Tuttavia e' necessario effettuare un'osservazione per un periodo di trattamento piu' lungo prima di potere escludere qualche effetto di natalizumab sulle patologie maligne. Effetti sulle indagini dilaboratorio: il trattamento e' associato ad un aumento del numero dei linfociti, dei monociti, degli eosinofili, dei basofili e degli eritr ociti nucleati circolanti. Non e' stato osservato un aumento dei neutrofili. Gli aumenti, rispetto al valore basale, dei linfociti, dei monociti, degli eosinofili e dei basofili erano compresi fra il 35% ed il 140% per i singoli tipi di cellule, ma le conte medie rimanevano comunque entro i valori normali. Durante il trattamento, sono state osservate lievi diminuzioni dell'emoglobina (diminuzione media 0,6 g/dl), dell'ematocrito (diminuzione media 2%) e della conta degli eritrociti (diminuzione media 0,1 x 10^6 /l). Entro 16 settimane dopo l'ultima somministrazione del farmaco, di norma tutti i valori sono ritornati come quelli precedenti il trattamento e le alterazioni non sono state associate a sintomi clinici.

Gravidanza e allattamento

Non vi sono dati adeguati riguardanti l'uso del natalizumab in donne in gravidanza. Gli studi condotti su animali hanno evidenziato una tossicita' riproduttiva. Il rischio potenziale per gli esseri umani non e'noto. Il farmaco non deve essere usato durante la gravidanza se non i n caso di assoluta necessita'. Nel caso una paziente rimanga in stato di gravidanza durante il trattamento, deve essere presa in considerazione l'opportunita' di interrompere la terapia. Non e' noto se il medicinale sia escreto nel latte materno, ma e' stato osservato in studi condotti su animali. Le pazienti trattate non devono allattare al seno.