Al via il mese della prevenzione di maculopatia e retinopatia senile


Dal 23 gennaio al 28 febbraio 2020 riprende quota l’annuale campagna di prevenzione della maculopatia e retinopatia senile organizzata dal Centro Ambrosiano Oftalmico (CAMO) in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele di Milano e ASST H Fatebenefratelli-Sacco di Milano.

Una importante iniziativa medico-sociale che anche quest’anno ha avuto il patrocinio del Ministero della Salute, della Società Oftalmologica Italiana e di IAPB Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità.

«La miglior cura è sempre la prevenzione» ribadiscono gli organizzatori. Quest’anno sono 25 i Centri specialistici in 13 regioni in cui sarà possibile effettuare un esame gratuito volto alla diagnosi precoce di queste due invalidanti patologie che, se non diagnosticate per tempo, possono portare alla cecità.

Gli screening saranno effettuati da equipe medico-infermieristiche altamente qualificate e dotate delle attrezzature più all’avanguardia.

La degenerazione maculare senile, legata all’invecchiamento della retina, colpisce in Italia oltre un milione di persone, soprattutto dopo i 65 anni, ma i numeri sono in crescita proprio perché sta aumentando la popolazione anziana potenzialmente candidata alla malattia. L’aspettativa di vita è in aumento nel mondo, ma vivere più a lungo è un premio senza valore se la qualità della vita è compromessa da cattive condizioni di salute e dalla perdita di autonomia, come quando si perde la capacità di vedere. Investire negli screening e in efficaci terapie per mantenere e migliorare le funzionalità dell’individuo è di cruciale importanza. «Questa è la linea da seguire e lo scopo e finalità del nostro impegno» afferma il dottor Lucio Buratto, primum movens della campagna.

Per aderire alla Campagna occorre consultare il sito www.curagliocchi.it a partire dal 23 gennaio.

«Queste campagne di prevenzione,- spiega il professor Francesco Bandello, Direttore della Clinica Oculistica dell’Università Vita-Salute del San Raffaele, che insieme al dottor Buratto collabora a queste iniziative- oltre a dare ai pazienti un’informazione esauriente, promuovono e accelerano l’iter diagnostico. Arrivare rapidamente alla diagnosi nelle malattie croniche degenerative oculistiche è il passo più importante. E questo passo è facile da compiersi perché consiste in un esame non invasivo (l’OCT), che è una specie di tac della retina), indolore e che dura pochi attimi. Favorire l’accesso alle terapie al fine di prevenire la cecità e limitare per quanto possibile il trauma della disabilità visiva è tra gli obiettivi degli screening realizzati nei Mese della Prevenzione. Non va dimenticato che la DMLE compromette la qualità della vita, limitandone l’autonomia di movimento e con i disagi propri di una vista gravemente difettosa».

La ricerca scientifica da anni sta studiando i mezzi più efficaci per curare la maculopatia senile. Come è noto ci sono due forme di questa patologia: una cosiddetta secca che ha una progressione lenta ma inarrestabile. Diversa la forma cosiddetta umida (o essudativa) che ha una minor frequenza (circa il 20% dei casi) e contro la quale la ricerca ha raggiunto obiettivi terapeutici efficaci.

La forma umida è causata da vasi sanguigni anomali prodotti dalla molecola VEGF cioè Fattore di crescita vascolare, che compromettono la funzione visiva della retina. Il gold standard terapeutico per la malattia nella sua forma umida è rappresentato da un trattamento continuativo a base di iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF, una classe di molecole che agisce inibendo la proliferazione dei nuovi vasi sanguigni all’interno della retina e arginando la perdita di fluido retinico.

Esistono diverse classi e generazioni di farmaci, alcuni sono stati sintetizzati oltre 10 anni fa e altre sono molecole sviluppate in tempi recenti. Le ultime conquiste che hanno anche già ottenuto l’approvazione della Agenzia del farmaco americana, dimostrano una maggior durata d’azione nel controllare e inibire il fluido retinico. «Questo significa – precisa il professor Giovanni Staurenghi, Direttore Struttura Complessa di Oculistica dell’ospedale Fatebenefratelli – Sacco di Milano che l’intervallo tra una iniezione intravitreale e l’altra potrebbe allungarsi e garantire, a parità di risultato, un numero inferiore di iniezioni annuali. Inoltre la riduzione delle somministrazioni renderebbe più facile per il paziente aderire alla prescrizione del medico e, per il medico e le strutture sanitarie, gestire un alto numero di pazienti».