Nell'Africa sub-sahariana si osserva
un aumento costante della resistenza alle cefalosporine di terza
generazione, una delle classi di antibiotici più utilizzate in
questi contesti per la loro sicurezza, ampia disponibilità e
facilità di impiego clinico. La resistenza riguarda in
particolare batteri come klebsiella pneumoniae, enterobacter ed
escherichia coli, patogeni responsabili di infezioni gravi quali
sepsi, polmoniti, complicanze chirurgiche e infezioni neonatali.
A questo risultato è giunto uno studio internazionale
sull'antibiotico resistenza guidato dall'università Aldo Moro di
Bari e pubblicato sulla rivista 'Communications Medicine'.
Lo studio è intitolato "Third-generation cephalosporin
resistance in sub-Saharan Africa: a systematic review and
meta-analysis', primo autore è il dottorando di UniBa, Giacomo
Guido. "La perdita di efficacia delle cefalosporine - spiega
l'ateneo barese in una nota - compromette in modo diretto la
capacità dei sistemi sanitari africani di gestire alcune delle
condizioni infettive più pericolose e diffuse. In Paesi in cui
l'accesso a terapie alternative è spesso limitato, questo
fenomeno rappresenta una minaccia concreta per la sopravvivenza
di milioni di persone e rischia di aggravare ulteriormente la
mortalità per infezioni resistenti.
Lo studio mostra inoltre come l'aumento delle resistenze si
sia intensificato nell'ultimo decennio, "con picchi
particolarmente elevati in Africa orientale e occidentale,
suggerendo l'urgenza di interventi coordinati e investimenti in
sorveglianza, stewardship antibiotica e formazione clinica".
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