Tumori, Toro (Ail) 'successo insperato di terapie antigeniche'

Presidente nazionale in campagna informativa sulle Car-T


"Le Car-T (Chimeric Antigens Receptor T-Cells) sono state una terapia rivoluzionaria a livello mondiale e ancor di più in Italia", e "dobbiamo cercare di evitare che siano concentrate soprattutto in alcune aree del Paese". Lo dice il presidente nazionale di Ail (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma) Giuseppe Toro, presentando a Firenze la campagna 'Il futuro è qui' per informare pazienti, caregiver e specialisti 
e migliorare accesso e gestione di queste terapie. 
 A oltre sei anni dall'arrivo in Italia della prima terapia genica anticancro, le Car-T terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T, che in questo modo riescono a riconoscere e aggredire le cellule tumorali, sono diventate un nuovo paradigma di cura per alcuni tumori del sangue e motivo di speranza per i pazienti. Oggi a Firenze l'occasione per fare il punto sulla situazione. Da un lato aumenta il numero delle Car T cells autorizzate in oncologia e onco-ematologia e il loro utilizzo, i laboratori di tutto il mondo continuano a ricercare nuovi e difficili bersagli da colpire, e nei prossimi anni assisteremo a una importante evoluzione di queste terapie.
    "Le Car-T - aggiunge il presidente di Ail - rappresentano più che una speranza concreta per quei pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali, e il loro impiego sta ottenendo successi insperati fino a pochi anni fa". E la ricerca va sempre più veloce: in Italia sono cinque le terapie Car-T approvate sulle sei in Europa, e con indicazioni in aumento nell'adulto e nel bambino. Fino ad ad oggi sono stati trattati tra i 1.500 e i 1.800 pazienti; la prima somministrazione risale al 2019 e per un lungo periodo è stato autorizzato solo un centro (presso l'Istituto nazionale dei tumori di Milano). Attualmente sono circa 44 i centri abilitati sul territorio nazionale, di cui tre in Toscana, a Firenze, Pisa e Siena. "Questa è un'area privilegiata", conclude Toro, mentre "è necessario che soprattutto nelle regioni del sud vengano agevolate una serie di iniziative sia scientifiche che sul piano assistenziale".
    "Visto il principio con cui sono costruite", le Car-T, "in teoria potrebbero rappresentare un'arma contro ogni tipo di tumore", afferma Alessandro Maria Vannucchi, professore di Ematologia e direttore dipartimento Oncologia Aou Careggi di Firenze in occasione della presentazione della campagna di Ail 'Il futuro è già qui'. "Il termine Car-T - spiega - indica una immunoterapia che utilizza i linfociti T, una sottopopolazione di globuli bianchi che difendono dalle infezioni e dai tumori il nostro organismo, ma che nei pazienti con malattie del sangue non sono in grado di svolgere adeguatamente l'azione di difesa contro le cellule tumorali. I linfociti T prelevati dal paziente vengono successivamente ingegnerizzati, ossia modificati geneticamente attraverso una procedura che porta alla costruzione del cosiddetto Car, un recettore chimerico in grado di riconoscere il bersaglio espresso sulla superficie delle cellule tumorali. A questo punto i linfociti T ingegnerizzati vengono reinfusi nello stesso paziente e sono in grado di riconoscere il bersaglio da eliminare". Attualmente, ricorda Vannucchi, "in campo ematologico le Car T sono rimborsate da Aifa per malattie quali leucemia linfoblastica acuta, i linfomi non Hodgkin, ci sono diversi tipi di linfoma dal linfoma grandi cellulare, linfoma mantellare, al linfoma follicolare e anche più recentemente per il mieloma, che sono tutte patologie altamente aggressive o che non guariscono con le terapie convenzionali. E le Car T hanno dimostrato di avere un plus rispetto alla terapia di seconda, terza o quarta linea". Queste terapie, però, "sono un procedimento complesso che richiede un'organizzazione, richiede quello che noi definiamo un Car-T team cioè fatto non solo dagli ematologi, ma da neurologi, animatori, così come anche un team di personale infermieristico altamente addestrato a seguire questi pazienti e soprattutto a cogliere i primi segni delle reazioni avverse" che sono legate "al fatto che questi linfociti" una volta attivati, "liberano nell'organismo una serie di proteine infiammatorie che possono causare disturbi anche molto gravi a livello del sistema nervoso centrale. Riconoscerli prontamente è il modo migliore per intervenire e limitare queste reazioni".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi su www.ansa.it