Fegato distrutto da un incidente sul lavoro, trapianto lo salva

Scatta l'emergenza nazionale. La moglie: "Portato da un angelo"


 Otto passaggi in sala operatoria e un complesso di interventi definito dai medici "ai limiti dell'impossibile". Così in Piemonte è stato salvato un agricoltore di 55 anni al quale, per un gravissimo incidente sul lavoro, era praticamente esploso il fegato. Il trapianto è stato eseguito a Torino nel Centro specializzato dell'ospedale Molinette quando ormai la situazione si era fatta disperata: poche ore dopo l'inserimento nella lista di super urgenza nazionale si era già trovato il donatore di un organo compatibile. "Un angelo - dice Claudia, la moglie del paziente - che ha permesso di realizzare un miracolo proprio nei giorni di Pasqua".

 

Il calvario di Martino, responsabile di un'azienda a gestione familiare di Fossano (Cuneo) rinomata per la produzione di latte, era cominciato il 2 aprile, giorno in cui, mentre era impegnato nel silos, riportò lo schiacciamento della parte superiore destra dell'addome contro il braccio di una pala agricola. La lacerazione del fegato provocò un'emorragia imponente. A Cuneo i medici riuscirono a "impacchettare" l'organo; seguirono altri due interventi. Ma 11 giorni dopo, con il paziente che sembrava sul punto di poter lasciare la terapia intensiva, il sanguinamento riprese. La quarta operazione, necessaria per bloccare la nuova emorragia, ebbe esito positivo, ma la gran parte del fegato di Martino era ormai perduta e l'uomo stava per precipitare in una insufficienza epatica acuta.
Da qui il trasferimento all'ospedale Molinette, a Torino, dove i responsabili hanno compreso subito che l'unica strada praticabile era il trapianto.


Poco tempo dopo l'inserimento del caso nella lista di emergenza il Centro nazionale di Roma (diretto da Giuseppe Feltrin) ha segnalato all'omologa piemontese di Federico Genzano la disponibilità da un'altra regione. E così, nel giro di 18 ore, l'equipe torinese guidata da Renato Romagnoli e Silvia Martini ha cominciato a procedere. Quel che restava del fegato è stato rimosso e, in capo a circa 120 minuti, il sangue è ripreso a circolare nell'organo nuovo. Altri tre interventi per completare la terapia chirurgica e il paziente è stato collocato nell'area semintensiva, dove sta percorrendo il cammino verso la ripresa.
"Della donazione di organi - dice la signora Claudia - noi sapevamo pochissimo. Non se ne parla quanto si dovrebbe. Ma da una vita che viene a mancare possono risbocciare altre vite. Noi siamo credenti ed ecco, a me viene in mente la parabola del chicco di grano che cade nella terra e produce frutti, rinasce".


Claudia ha parole di elogio per i medici ("a Cuneo, nell'immediatezza, il dottor Donati ha salvato mio marito, a Torino il dottor Romagnoli ha permesso di trovare l'angelo") e afferma che, in fondo, questa è anche "una storia d'amore". Per l'impegno profuso dai medici, per la comparsa così rapida di un donatore, per il sostegno che la famiglia ha trovato fra parenti, amici e semplici conoscenti: "Non ci hanno lasciati soli neanche per un giorno". 

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