Un nuovo studio condotto da un team
internazionale coordinato dall'Università di Padova rivela dati
preoccupanti sulla salute dei bodybuilder maschi, in particolare
tra i professionisti. La ricerca, pubblicata sull'European Heart
Journal - rivista scientifica di riferimento della Società
Europea di Cardiologia - ha analizzato oltre 20.000 atleti che
hanno gareggiato in eventi Ifbb (la Federazione Internazionale
di Bodybuilding & Fitness) tra il 2005 e il 2020, con un
follow-up medio di oltre otto anni.
Sono stati identificati 121 decessi, di cui il 38% imputabili
a morte cardiaca improvvisa, associata in alcuni atleti ad
alterazioni strutturali del cuore e, in diversi casi, all'uso di
sostanze dopanti. Il dato più rilevante è l'elevato rischio di
morte cardiaca improvvisa nei bodybuilder professionisti, che
risulta oltre 5 volte superiore rispetto agli atleti dilettanti.
Lo studio è frutto di una collaborazione internazionale tra
ricercatori italiani, statunitensi ed austriaci. La ricerca ha
indagato notizie di decessi riguardanti un campione esteso di
bodybuilder internazionali fino al luglio 2023. Tutti i decessi
segnalati sono stati incrociati utilizzando più fonti e
verificati e analizzati per stabilire, per quanto possibile, la
causa del decesso. Nei pochi referti autoptici disponibili, i
risultati includevano l'ispessimento o l'ingrossamento del cuore
e in alcuni casi una malattia coronarica. Le analisi
tossicologiche e i rapporti disponibili pubblicamente hanno
rivelato l'abuso di sostanze dopanti in diversi atleti.
"Negli ultimi anni si è assistito a un numero crescente di
segnalazioni di morti premature tra praticanti di bodybuilding e
fitness influencers. Questi tragici eventi, che spesso
colpiscono atleti giovani e apparentemente sani, evidenziano una
lacuna nella nostra comprensione dei rischi per la salute a
lungo termine associati al bodybuilding competitivo. Il nostro è
il primo studio a riportare l'incidenza della morte e della
morte cardiaca improvvisa in questa disciplina sportiva",
afferma Marco Vecchiato, del Dipartimento di Medicina
dell'Università di Padova e primo autore dello studio.
I risultati, precisa Vecchiato "non intendono lanciare un
giudizio sul bodybuilding ma pongono una questione di salute
pubblica e di prevenzione in una disciplina in cui si fondono
idealizzazione del corpo, competizione estrema e pratiche
potenzialmente dannose. La nostra analisi fornisce una base
scientifica solida per avviare riflessioni e interventi
concreti".
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