Grandi novità nel campo chirurgico per il trattamento della scoliosi dell'adulto, che colpisce fino al 12% della popolazione: dagli interventi mini-invasivi ai sistemi di navigazione in 3D. A fare il punto è Luca Proietti, Associato di Ortopedia e Traumatologia, Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della Uoc di Chirurgia Vertebrale, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, afferente alla Uoc di Ortopedia e Traumatologia, diretta dal professor Giulio Maccauro.
"Oggi - spiega Proietti - è possibile trattare le scoliosi dell'adulto di grado lieve-moderato con interventi mini-invasivi, che consistono nel fare piccolissimi accessi laterali, attraverso i quali vengono inserite delle cage, cioè dei supporti in titanio, all'interno dei dischi intervertebrali, da associare poi ad una stabilizzazione posteriore percutanea, che si ottiene inserendo delle viti per via percutanea mini-invasiva. La durata media di un intervento di questo tipo è di poche ore e il paziente viene mobilizzato già in seconda giornata post-operatoria. Un'altra novità è rappresentata dall'impiego dei 'navigatori', ovvero dei sistemi di navigazione in 3D, che ci consentono di limitare al massimo le complicanze relative alle strumentazioni e all'inserimento delle viti peduncolari perché, grazie al navigatore, riusciamo a seguire una traiettoria sicura e precisa. Un conto infatti è mettere una vite in una colonna normale, un altro è inserirla in una colonna dalle vertebre completamente ruotate. Il sistema di navigazione ci fa capire, con la ricostruzione 3D, come è orientata la vertebra e ci permette di inserire queste viti in tutta sicurezza. A quel punto, la vite viene utilizzata come un 'joystick', per far ruotare la vertebra; infine, una volta raggiunta la posizione desiderata, andiamo a bloccare le vertebre con le barre in titanio".
"Stiamo parlando di interventi molto complessi - conclude Proietti - una volta gravati da molte complicanze, oggi nettamente ridotte grazie all'uso delle nuove tecnologie. Fondamentale è porre la giusta indicazione all'intervento, dopo un'accurata selezione e preparazione del paziente, che a volte può durare mesi. I grandi alleati per queste patologie sono i muscoli e la qualità dell'osso. E non tutti i pazienti possono essere operati".
Le scoliosi dell'adulto hanno un'incidenza che varia dal 2 al 12% della popolazione generale e sono molto diverse dalle scoliosi idiopatiche dei bambini e dell'adolescenza. "Quelle dell'adulto - spiega Proietti - si sviluppano in genere a partire dai 50-60 anni e sono lentamente ingravescenti per tutta la vita, al contrario delle scoliosi dei bambini e dei ragazzi che si 'fermano' al termine dell'accrescimento scheletrico". La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale sui tre piani dello spazio. "Gli adulti con la scoliosi - rileva - tendono a sbilanciarsi, a cadere in avanti, perché il tronco tende a proiettarsi in avanti; a volte possono dare una grave invalidità al paziente che non riesce a camminare dritto, ma curvo in avanti o sbilanciato di lato". A maggior rischio sono le categorie di lavoratori impegnati in lavori molto pesanti, che sollevano continuamente pesi. Lo specialista della scoliosi è il chirurgo vertebrale che dopo aver valutato il paziente, consiglierà la terapia più opportuna.
"In genere - chiarisce Proietti - il percorso terapeutico è di tipo conservativo, almeno nelle fasi iniziali e comunque in assenza di problematiche neurologiche importanti. Al paziente viene dunque consigliato un trattamento fisiatrico-fisioterapico, con l'intervento, ove necessario, degli specialisti in terapia del dolore. In generale, sconsigliamo il busto, per non indebolire ancora di più la muscolatura. Se si assiste ad un peggioramento progressivo importante e alla comparsa di dolore e deficit neurologici, va preso in considerazione l'intervento chirurgico".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA