Quasi la metà degli italiani under 30
ha fiducia nella qualità del Ssn (41%), ma per 7 giovani su 10
le differenze socio economiche sono un ostacolo ad una sanità
equa e accessibile. Sono alcuni dei dati emersi dall'indagine
"Giovani e sanità: il futuro che vogliamo", promossa da
Novartis.
Investimenti in ricerca scientifica (26,8%) e maggiori
risorse economiche (19,1%) sono le priorità, secondo i giovani
italiani tra i 18 e 29 anni. In particolare, tumori (42,8%) e
salute mentale (26,8%) sono per gli under 30 le principali sfide
sanitarie che ci attendono. Prioritaria, anche la necessità di
superamento delle differenze, a partire da quelle
socioeconomiche ritenute dal 69,6% degli under 30 come la causa
principale di disuguaglianze nell'accesso alla sanità. A
seguire, il 45,9% dei giovani mette in evidenza le differenze
geografiche nella qualità dei servizi sanitari disponibili, ma
gli under 30 sono attenti anche alle differenze etniche,
ritenute rilevanti per il 30,4% e alle differenze
intergenerazionali (25,3%) e di genere (24,2%).
"I giovani si mostrano più sensibili delle generazioni
precedenti per quanto riguarda le disuguaglianze generate a
livello sanitario dalle differenze etniche e di genere - spiega
Cosimo Finzi, direttore AstraRicerche - Ad esempio, se
interrogati sulla accessibilità per i cittadini dei servizi del
SSN, il 37,6% dei giovani under 30 ritiene che i servizi del SSN
siano fisicamente vicini e accessibili ai cittadini. La
maggioranza degli over 30 si esprime invece in termini meno
positivi, con solo il 30,3% che dà una valutazione positiva e
ben il 34,5% che ritiene i servizi poco o per niente
accessibili". Riguardo la prevenzione, quasi 8 giovani su 10 si
dichiarano inoltre consapevoli della sua importanza (76,8%) e
quasi 6 su 10 dichiarano di sottoporsi a visite ed esami a scopo
preventivo ogni uno o due anni (58,2%). La prevenzione
oncologica è al primo posto per rilevanza attribuita (74,7%), ma
i giovani danno più importanza rispetto alle generazioni
precedenti alla prevenzione per la salute mentale (45,9% vs
30,3%) e delle malattie infettive (43,3% vs 28,8%).
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