Un radiofarmaco intelligente frena i tumori neuroendocrini

Terapia con radioligandi riduce rischio di progressione o morte


Nei pazienti con tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici la somministrazione in prima linea della terapia con radioligandi riduce il rischio di progressione della malattia o morte. È quanto emerge da uno studio di fase III (NETTER-2) presentato nel corso dell'American Society of Clinical Oncology Gastrointestinal Cancers Symposium 2024. Il radioligando è composto da due elementi: una particella radioattiva che rilascia radiazioni terapeutiche che colpiscono le cellule tumorali, causandone la morte, e un ligando, anche detto "carrier", ossia una molecola in grado di riconoscere e legarsi alle cellule tumorali.

Lo studio è stato condotto su pazienti con tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici avanzati, ben differenziati, di grado 2/3, positivi al recettore della somatostatina. In questo gruppo di malati il trattamento con 177lutezio oxodotreotide in aggiunta a octreotide a rilascio prolungato ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 72% rispetto al solo octreotide. In particolare la sopravvivenza libera da progressione della malattia è aumenta a 22,8 mesi rispetto agli 8,5 mesi dei pazienti trattati con il solo octreotide.

 "Questo approccio innovativo, non solo migliora la sopravvivenza libera da progressione dei pazienti e la risposta clinica, ma è ben tollerato, consentendo anche un'eccellente qualità di vita dei pazienti", afferma Salvatore Tafuto, direttore della Struttura Complessa Sarcomi e Tumori Rari all'lrccs Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli e coordinatore dello studio NETTER-2 a livello nazionale. "Molti pazienti hanno continuato senza problemi la loro vita lavorativa e di relazione, con effetti collaterali a breve termine di scarso rilievo".

"La terapia con radioligandi agisce come una radioterapia interna mirata al tumore. Nello specifico, si avvale dell'azione combinata di un ligando, che riconosce e si lega specificatamente ai recettori espressi sulle cellule neoplastiche, e di un radioisotopo, che svolge l'azione terapeutica, rilasciando radiazioni", spiega Secondo Lastoria, direttore Struttura Complessa Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica al Pascale. "Questo approccio può essere considerata un importante paradigma della medicina personalizzata".

 

Tumori della prostata e del rene, ancora progressi nella terapia

Saranno presentati all'American Society of Clinical Oncology Genitourinary Symposium a San Francisco i risultati di due sperimentazioni cliniche che confermano i benefici del trattamento con il farmaco cabozantinib in associazione con l'immunoterapia nel trattamento del tumore della prostata del carcinoma a cellule renali.

Lo studio di fase III CONTACT-02 ha dimostrato la superiorità, in termini di sopravvivenza libera da progressione della malattia, dell'associazione di cabozantinib e atezolizumab rispetto al trattamento con una seconda terapia ormonale di nuova generazione nei pazienti con carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione in cui la malattia sia progredita dopo una precedente terapia ormonale. Miglioramenti sono stati osservati anche nella sopravvivenza globale, tuttavia questi dati risultano ancora immaturi e lo studio proseguirà ulteriormente.
Durante il meeting saranno presentati anche i dati a quattro anni dello studio di fase III CheckMate -9ER in pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato non precedentemente trattato. Dopo un follow-up di quasi 5 anni, l'associazione di cabozantinib e nivolumab ha prodotto un guadagno di 10 mesi in termini di sopravvivenza globale rispetto al trattamento con sunitinib (46,5 mesi rispetto a 36 mesi). Inoltre, è quasi raddoppiata la sopravvivenza libera da progressione passata dagli 8,4 mesi del solo sunitinib a 16,4 mesi della combinazione cabozantinib e nivolumab.

"I dati dei nostri studi continuano a confermare il valore di cabozantinib per i pazienti con tumori difficili", sostiene Christelle Huguet, EVP e Head of Research and Development, di Ipsen. "In associazione all'immunoterapia, cabozantinib oggi sta offrendo benefici di sopravvivenza a lungo termine ai pazienti con il carcinoma a cellule renali in tutto il mondo, dimostrando al tempo stesso il suo potenziale futuro nel carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione".    

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