Si celebra per la prima volta in
Italia la giornata mondiale sull'ipofosfatasia, malattia
considerata rara che è congenita, metabolica e progressiva, che
può essere in alcuni casi anche fatale e che porta al
depauperamento del minerale osseo e dentario. Una migliore
conoscenza della patologia, più diagnosi precoci , percorsi
multidisciplinari che permettano di curare tutti i problemi
clinici e un migliore accesso alle terapie disponibili sono le
quattro richieste avanzate oggi dall'Api-Associazione Pazienti
Ipofosfatasia. Il claim dell'evento è "Diamoci una Mossa
Insieme", coinvolgendo pazienti, famiglie, medici e
ricercatori. Oggi a Roma è stata anche organizzata una tavola
rotonda con gli esperti. "La patologia può esprimersi già in
epoca prenatale e causare anche il decesso in utero del feto-
sottolinea la professoressa Maria Luisa Brandi, presidente
Firmo, Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell'Osso -.
Si può manifestare anche nei primi sei mesi di vita e avere
un'ereditarietà autosomica recessiva, in cui cioè entrambi i
genitori sono ammalati, o portatori sani. In questo caso risulta
essere mortale per il 50-90% dei pazienti. Tuttavia il decorso
clinico può essere meno aggressivo ma proprio per questo risulta
più difficile la diagnosi, soprattutto tra gli adulti. Tra i non
più giovanissimi in media tende ad insorgere tra i 40 e i 50
anni di età. Si calcola che la metà dei pazienti vada incontro a
una perdita dei denti molto precoce mentre il 35% a fratture
soprattutto delle ossa lunghe. Gli altri sintomi sono difficoltà
motorie e di deambulazione, profonda debolezza muscolare,
calcolosi renale, insonnia, ansia e depressione e disturbi
respiratori. Sono tutte manifestazioni che rischiano di essere
scambiate per altri problemi di salute meno gravi".
"L'ipofosfatasia è fortemente invalidante e necessità di
trattamenti farmacologici mirati - conclude Brandi-. Si calcola
che le forme gravi si verifichino in circa un caso su 100.000
nati vivi ma non conosciamo esattamente nell'insieme quante
persone ne siano colpite. L'incidenza potrebbe essere molto più
alta ed arrivare ad un caso ogni 5/6000 persone. Il motivo di
questa incertezza, a livello epidemiologico, è da ricercare
nella presenza di numerose varianti con sintomatologie diverse".
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